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martedì 30 maggio 2017

Book #7: Ragazzi di vita


Mi fa tanto ridere ricordare me 16enne che affermare di adorare Pasolini solo perché avevo visto Comizi d'amore e perché avevo studiato la sua poetica su un'antologia. Poi, dopo aver visto La Trilogia della Vita e, soprattutto, Salò, o le 120 giornate di Sodoma qualcosa cambiò. Il solo sentire parlare di Pasolini mi metteva addosso un'angoscia indescrivibile, e quando mi regalarono Ragazzi di Vita mi venne un magone assurdo. Mi rifiutai proprio di leggerlo. Poi però la vita te lo schiaffa in faccia e non puoi fare a meno di prenderlo in considerazione ("vita" = un esame di letteratura italiana da cui non puoi scappare). E così, da studentessa fuori sede a Roma, ho iniziato a leggerlo. Noiosissimo, pensavo. Poi però, con mia grandissima soddisfazione, sono riuscita a finirlo.

Ragazzi di vita è un libro difficile e a tratti noioso, non lo nego. Mi spiego: difficile perché non è un romanzo vero e proprio, ma più un saggio sulla difficile esistenza di quelli che furono i borgatari romani del dopoguerra. I ragazzi di vita di Pasolini sono figli di quel sottoproletariato analfabeta ma vivo fino al midollo, destinato ad estinguersi nell'Italia del boom economico. Noioso perché certi capitoli sembrano infiniti e il fatto che non si riesca ad empatizzare con i personaggi non aiuta. Infatti, in questo libro-inchiesta quasi tutti i personaggi sono delle comparse; anche Riccetto, ragazzetto grazie al quale viviamo le varie scorribande per le strade romane, appare come un protagonista sui generis. Occorre sottolineare che nel romanzo di Pasolini manca la dimensione psicologica dei personaggi; quello che conosciamo di loro è soltanto la loro cruda carnalità.  Fu proprio la descrizione di questa carnalità che portò lo stesso Pasolini e il suo editore, Garzanti, dritti in tribunale accusati di oltraggio al pudore. L'Italia benpensante del '55, anno in cui il romanzo fu pubblicato, non era pronta a leggere di ragazzini che si prostituivano per racimolare qualche soldo, speso poi nuovamente a prostitute. Lasciatemi dire che il sottoproletariato di Pasolini fotte e si lascia fottere, ripetutamente e in tutti i sensi. Mi lasciava perplessa il modo in cui questi ragazzetti derubavano e si facevano derubare; soffrivano, ma non si tiravano indietro se c'era da far soffrire.
Sullo sfondo di questo mondo sporco e infame, c'è la Roma che cantava Claudio Villa e Mario Merola, in piena ricostruzione dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Una Roma descritta nei minimi particolari (anche se non so se effettivamente il saggio si fonda poi con la narrazione fittizia) e fatta di quartieri che suonano familiari a chiunque conosca Roma: Monteverde, Tiburtino, Pietralata... Una Roma che parla romano, ma anche qui, un romano ricostruito in maniera quasi filologica che i romani stessi non riconoscono (credetemi, ho chiesto).
Insomma, ne vale la pena? Sì, non è una lettura da ombrellone, mi rendo conto. Ma sforzare un po' le meningi non può che far bene.

4 commenti:

  1. Ti consiglio Una Vita Violenta, ti appassionerà di più!

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  2. Prima o poi ci arrivo a Pasolini. Certo con rispetto e paura, ma ci arrivo. :-)

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