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martedì 23 settembre 2014

Book #2: Pietroburgo - Andrej Belyj



Preparare l'esame di letteratura russa, oltre a mandarmi ai pazzi, mi ha fatto scoprire quante opere sorprendenti abbia partorito l'intelligencija russa. Una di queste è senza dubbio Pietroburgo di Andrej Belyj, opera sconosciuta e quasi introvabile in Italia. 


Come ben si può intendere dal titolo dell’opera, Pietroburgo (1911) di Andrej Belyj è un romanzo che ha, non solo come ambientazione, ma anche come protagonista, la città fortemente  voluta da Pietro I. Ma la Pietroburgo qui descritta non è una “vera” capitale, come potrebbero risultare Roma o Mosca, ma è, per l’autore,  una mera costruzione mentale. Infatti, nel prologo, lo scrittore afferma:

"Se poi ci si ostina a convalidare l’assurda leggenda che Mosca abbia una popolazione d’un milione e mezzo di abitanti, bisognerà riconoscere che la capitale sia Mosca, perché solo le capitali hanno una popolazione d’un milione e mezzo di anime, mentre le città provinciali non hanno, non hanno avuto e non avranno mai una popolazione così numerosa. Da questa assurda leggenda consegue che la capitale non è Pietroburgo. Se Pietroburgo non è la capitale, allora non c’è Pietroburgo. La sua esistenza è soltanto illusoria."

In un luogo del genere, si è incapaci di discernere ciò che esiste e ciò che non esiste. Leggendo Pietroburgo, il lettore si trova ad affrontare un vero e proprio dilemma ontologico: cosa, effettivamente, è e cosa non è? Su questo gioco si costruisce tutto il romanzo, che se fosse un film sarebbe un ammirevole thriller psicologico.                 

La trama (per quanto frammentaria e sconnessa) ha come protagonisti un padre e un figlio: il padre è un vecchio uomo di stato, brutto, fissato con la geometria e con un senso dell’umorismo del tutto fuori luogo (tutto questo non può far altro che stimolare nel lettore un senso di ribrezzo nei confronti di un personaggio veramente bizzarro).Il figlio è un giovane pieno di complessi e di rimorsi. La situazione familiare non è affatto rilassata: dopo che la moglie del vecchio scappa con un cantante italiano, padre e figlio non riescono a riconciliarsi. Il vecchio vede nel figlio un poco di buono, pronto a disonorare il buon nome della famiglia e capace solo di leggere libri di filosofia; mentre il giovane vede nel padre la rappresentazione fisica dei vecchi ideali e del potere statale russo. Belyj, attraverso la sua penna, ci sa comunicare benissimo questi sentimenti; e come non potrebbe, considerando che il difficile rapporto padre-figlio è uno dei motivi autobiografici del romanzo?

Senza addentrarmi troppo nella trama, il romanzo riporta molti temi tanto cari alla letteratura russa: il parricidio, l'elemento orientale che incarna il male (il romanzo è ambientato nel 1905, quindi i rimandi alla guerra russo-giapponese non mancano), il dissidio interiore e la rivoluzione. Per me, un libro che tutti gli appassionati di letteratura (russa e non) dovrebbero conoscere.