giovedì 28 gennaio 2016
Movie #22: Joy
Joy è un film del 2015 diretto da David O. Russell, basato sulla vita dell'inventrice del Miracle Mop (ebbene sì, nessuna scoperta scientifica, filosofica o cose simili: è la vita dell'inventrice di un mocio che si strizza da solo. L'incarnazione dell'American Dream!), Joy Mangano. Sembra già un film da bocciare, e invece sorprendentemente si salva in calcio d'angolo. Perché? Perché Jennifer Lawrence è riuscita a trasformare una donna che ha inventato un mocio in una cazzutissima gangster che lotta con tutte le sue forze per diventare una donna d'affari affermata! La storia ci viene raccontata dalla nonna di Joy, Mimi, che la sprona sin da bambina a non smettere mai di credere nei suoi sogni; e tra un matrimonio fallito e due figli, una madre che vive in una soap-opera (tra l'altro geniale: io proporrei uno spin-off!) e una sorellastra cattiva, Joy diventa una sorta di Cenerentola moderna e femminista, che non si realizza grazie al matrimonio con il principe, ma lavorando sodo, tirando fuori gli attributi e conquistando l'amicizia di un pezzo grosso della QVC (in questa favola moderna la fatina buona è interpretata da Bradley Cooper) . A far brillare il film, oltre Jennifer Lawrence, ci sono degli attori eccezionali come Robert De Niro, il già citato Bradley Cooper, Isabella Rossellini e Dasha Polanco. Certo, il finale mi è sembrato un po' troppo affrettato, come se il regista avesse pensato: "oddio s'è fatta una certa, meglio se la chiudiamo qui!", e anche un po' paraculo: finisce esattamente come dovrebbe finire, e siamo tutti felici e contenti. Un film niente male, ma sicuramente non da Oscar. Nonostante questo, consigliatissimo se volete passare una serata piacevole.
mercoledì 27 gennaio 2016
Ceneri alle ceneri
Ceneri alle ceneri è una pièce del 1996, scritta dal premio Nobel Harold Pinter. Un uomo e una donna, Devlin e Rebecca, entrambi 40enni, probabilmente sposati (ma non ci è dato saperlo), dialogano in una stanza. I dialoghi sembrano mancare di logica, lo spettatore si sente pervadere da un crescente senso di straniamento al sentir Rebecca parlare di un suo presunto e violento amante, a cui lei chiese "Put your hand round my throat" (mettimi le mani intorno al collo) . E poi viene evocata l'immagine di una fabbrica, dove i lavoratori, non adeguatamente equipaggiati per affrontare il clima gelido, provano profonda soggezione per il "capo".I dialoghi si fanno ancora più insensati, fino ad un climax che termina così:
La tragedia umana vista sotto forma di tragedia del linguaggio. Per citare T. W. Adorno:
“Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d'arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile. Il rapporto delle cose non può stabilirsi che in un terreno vago, in una specie di no man's land filosofica”.
La tragedia umana vista sotto forma di tragedia del linguaggio. Per citare T. W. Adorno:
“Dopo Auschwitz, nessuna poesia, nessuna forma d'arte, nessuna affermazione creatrice è più possibile. Il rapporto delle cose non può stabilirsi che in un terreno vago, in una specie di no man's land filosofica”.
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